Ci sono parole che arrivano dritte al cuore, senza filtri.
Una cliente, dopo oltre trent’anni in una relazione, mi ha scritto:
“Mi trovo nel periodo più buio provato fino ad ora. Mi sento vuota, completamente senza vita. Sono giorni che non esco di casa, non ho voglia di prendermi cura di me. Vorrei solo farla finita, per far tacere questa sofferenza continua…”
Inizialmente, leggendo queste righe, ho sentito una stretta allo stomaco, ma, allo stesso tempo mi ha ricordato una cosa preziosa: anche nei momenti in cui tutto sembra perso, dentro ognuno di noi rimane una scintilla che non si spegne mai.
Spesso pensiamo di non avere scelta.
Restiamo imprigionati in ruoli, legami e situazioni che ci consumano, convinti che quella sia l’unica realtà possibile. Eppure, una domanda può aprire uno spiraglio.
La domanda che le ho fatto è stata:
👉 Vuoi distruggere e screare ovunque stai scegliendo di stare male, di essere vittima, di essere la sua vittima?
Una domanda semplice, senza risposta predefinita. Perché non esiste una risposta giusta, ma solo la possibilità di iniziare a vedere oltre la gabbia che ci costruiamo.
La verità è che siamo molto più grandi della nostra sofferenza.
Anche quando ci sentiamo nel “vuoto pneumatico”, il vuoto non è mai davvero vuoto: può essere lo spazio in cui far nascere qualcosa di nuovo, più autentico, più vicino a noi stessi.
Quanta magia ed espansione possiamo creare scegliendo di essere noi stessi, invece che restare intrappolati nel dolore?
Non è facile, non è immediato, ma tutto parte da una decisione interiore: smettere di essere vittima.
E se oggi non sai ancora come fare, puoi iniziare con un piccolo passo: farti una domanda.
Perché una domanda non ti dà una risposta, ma ti apre a possibilità infinite.
✨ Se senti che è il tuo momento di lasciare andare i pesi e aprirti a nuove possibilità, scrivimi per un appuntamento. Sarò felice di accoglierti nel mio studio Benessere e Relax – Il massaggio di Silvia.
Qui puoi ritrovare spazio, leggerezza e nuove domande che ti accompagnano verso te stessa.
Giulia si sedette sul mio divano. Il suo corpo rassegnato, spalle ricurve, sguardo vacuo puntato verso il basso.
Non ricordava l’ultima volta in cui aveva davvero respirato a pieni polmoni.
Non che le mancasse l’aria… ma da tempo le sembrava che il fiato le restasse in superficie, intrappolato tra gola e petto.
Più passava il tempo e più si sentiva stretta, limitata, inscatolata.
Comincia a raccontarsi.
Ogni giorno si alzava, indossava il suo sorriso “di circostanza” e andava avanti.
Era diventata brava a muoversi nella vita con il pilota automatico: lavoro, spesa, casa .. era come se il corpo e le gesta andassero da sé, senza la presenza del suo essere.
Nessuno vedeva davvero cosa accadeva dietro quella finestra invisibile, appannata dalla stanchezza, dalle paure, dalle maschere.
Le paure erano tante.
Alcune le conosceva bene — la paura di sbagliare, di essere giudicata, di non essere abbastanza — altre erano più sottili, solo percettibili, come ombre che scivolavano dentro di lei senza una precisa identità.
Ogni caduta sembrava più difficile della precedente, e ogni volta si rialzava con un po’ meno slancio, un po’ meno fiducia.
Poi, una sera, dopo l’ennesima giornata “di corsa” senza arrivare da nessuna parte, sentì un bisogno inspiegabile di fermarsi.
Non voleva parlare con nessuno, non voleva consigli, non voleva spiegare.
Voleva solo silenzio. Voleva solo stare.
Si sedette a terra, nel suo soggiorno, sul suo tappeto morbido ma allo stesso tempo scomodo e, scrollando distrattamente sul cellulare, quasi per caso, vide un mio annuncio e qualcosa la ispirò a venire da me, nel mio studio.
Il profumo leggero di oli essenziali la avvolse, e un lettino da massaggi posato al centro della stanza, sembrava invitarla a lasciarsi andare.
Mi guardò ed io la invitai ad accomodarsi.
Tutto era avvolto da una luce calda ed accogliente.
Cominciai a prendere contatto con lei, con le sue ferite, i suoi dolori, mentre le mie mani le sfioravano leggere la testa, come se accarezzassero fili invisibili ricchi di tensione.
Non capiva bene cosa stesse succedendo, ma dentro di lei qualcosa si stava allentando, si stava liberando, si stava muovendo.
Come se un mucchio di fili annodati da anni trovassero, uno dopo l’altro, il modo di sciogliersi e ritrovare la loro posizione.
All’inizio i pensieri correvano veloci poi, pian piano, si fecero più lenti.
Non era magia nel senso spettacolare… ma era magia nel senso più intimo e reale: un corpo che finalmente si concede di mollare la presa, di abbassare le barriere e di ricevere.
Nei giorni successivi al trattamento, iniziò a notare piccoli cambiamenti.
Il traffico non la irritava più come prima.
I problemi le sembravano meno enormi, come se il vetro della sua finestra interiore fosse stato ripulito, lasciandole vedere i colori che prima non notava.
Riusciva finalmente a percepire infinite possibilità di condurre la sua vita. Percepiva maggiore leggerezza e serenità, come se dentro di lei sapesse per certo che tutto sarebbe andato esattamente nel verso giusto.
Un giorno, mentre guardava un tramonto dalla sua camera, pensò:
“Quanto di tutto quello che c’era prima non era nemmeno mio?”
E quasi senza pensarci, aggiunse:
“Cos’altro è possibile che non ho ancora considerato?”
Era come se quelle domande — semplici ma potentissime — le avessero aperto uno spazio nuovo dentro di sé.
Non doveva avere tutte le risposte subito.
Bastava sapere che le possibilità esistevano, anche quando sembrava che non ci fossero.
Giulia cominciò a regalarsi momenti di cura.
Non erano “coccole” superficiali, ma veri e propri incontri con sé stessa.
Ogni volta che tornava da me ed entrava in quella stanza, sul lettino, con quella sensazione di calore e leggerezza, sentiva di ritrovare un pezzo di sé.
Era come aprire una finestra e far entrare aria fresca dopo anni di chiuso.
Oggi, quando cade, sa che può rialzarsi più velocemente.
Quando una paura arriva, la osserva senza farla diventare un mostro.
E quando il mondo sembra distorto, si concede un momento per rimettere a fuoco, perché ha scoperto che la vita, non è fatta per essere guardata da dietro un vetro… ma per essere vissuta a volto scoperto.
E se anche tu senti che il vetro davanti a te si è appannato, c’è sempre una stanza pronta ad accoglierti, mani pronte a ricordare al tuo corpo che può lasciar andare e uno spazio sicuro dove ritrovare respiro e prospettiva.
“Guarire non è aggiustarsi. È riconoscere chi siamo, sotto tutto ciò che ci è stato detto di essere.”
Ci sono momenti nella vita in cui senti che non puoi più scappare.
Dove le ferite bussano, urlano, creano forti lotte interiori chiedendo a gran voce di essere viste ed ascoltate.
Arrivano senza tatto, con dolore, con rabbia, con stanchezza.
E tu rimani lì, sentendoti impotente ed in balia di questo evento chiedendoti: “Ancora? Non avevo già lavorato su questo?”
Quanta parte di te stai evitando di vedere? E se fosse proprio lì la tua potenza?
Guarirsi richiede coraggio, presenza, e sì… anche quel famoso “pelo sullo stomaco”.
Perché guardare in faccia le proprie ombre, restare anche quando tutto dentro urla “fuggi”, scegliere di sentire anche quando fa talmente male da voler fuggire, è un atto d’amore sacro verso se stessi.
Qual è la bugia che stai mantenendo viva per non essere te stessə in totalità?
Eppure, se ti fermi, se ascolti, se permetti all’energia di mostrarti un’altra strada…
tutto può iniziare a guardare oltre.
Non servono drammi ma solo la disponibilità a scegliere.
Scegliere di vedere cos’altro è possibile, scegliere di prendere strade inesplorate con fiducia, sentendo che possono donare nutrimento alla tua essenza ed alla tua esistenza.
È comodo raccontarsi storie.
Storie atte a giustificarci sul perché siamo fatti così, sul perché agiamo in una data maniera, storie su cosa ci è successo, su cosa ci manca, su chi ci ha feriti.
È comodo, perché è ciò che più si avvicina alla nostra storia, al nostro bagaglio, al conosciuto.
Ma ogni storia che ripetiamo è anche una gabbia dorata.
Ci distoglie dalla nostra vera essenza, dal nostro potere personale di creazione, dalla guarigione profonda che nasce solo nel silenzio della presenza.
Quante storie stai usando per non accedere alla verità di ciò che sei?
La guarigione, come la vita, non è lineare.
È un sentiero, ricco di sali e scendi, strade spianate, a volte ricche di diramazioni tra cui scegliere.
Il corpo lo sa.
L’anima lo sa.
La tua parte più vera sta solo aspettando che tu dica: “Sì, sono prontə a ricevere e ricevermi. Anche così. Anche ora.”
Quale energia, spazio, consapevolezza, scelta, magia, miracoli, misteri e possibilità potete essere tu e il tuo corpo per guarire con totale facilità, leggerezza, gioia e gloria?
E se guarire fosse anche ridere di sé?
Lasciare andare il controllo, il senso di colpa, la ricerca del perché?
Come sarebbe farlo già da ora?
Il coraggio di guarirsi non è nella forza, ma nella scelta.
Di smettere di giudicare chi siamo e ciò che facciamo.
Scegli di ricevere la vita, la tua energia, il tuo cammino… anche se ancora non hai chiarezza.
Anche se ancora non sai da dove cominciare.
Tu sei già abbastanza.
Fai il primo passo scegliendo di ripartire da te. Posso guidarti nel trasformarti in ciò che sei veramente.
I due momenti della giornata che preferisco sono l’alba e il tramonto.
Due porte che si aprono e si chiudono sul mondo. Due energie così diverse eppure così profondamente legate.
L’alba è promessa, è inizio, è uno spazio di creazione.
È quel momento in cui tutto può accadere, dove ogni cosa può essere trasformata, dove puoi scegliere chi essere oggi.
È lì che si nutrono le speranze, che si accende la voglia di fare, che si spalancano infinite possibilità che un nuovo giorno può donarti.
Ogni mattina puoi chiederti:
“Chi sono io oggi e quali meravigliose e grandiose avventure mi attendono?”
(Access Consciousness)
Il tramonto, invece, è raccoglimento.
È il tempo del bilancio, dell’ascolto silenzioso. È lì che torni a te, che senti e ricordi ciò che è accaduto,
che ti concedi lo spazio per respirare, riconoscere, ringraziare e lasciar andare.
È l’ora in cui ti chiedi:
“Quello che ho creato oggi mi ha nutrito? Mi ha reso più me stessə? Cosa posso scegliere di diverso domani che mi contribuisca di più?”
Ogni giorno abbiamo queste due possibilità:
quella di iniziare con una scelta e quella di chiudere con consapevolezza.
E proprio tra queste due soglie – tra l’intento del mattino e la verità della sera – c’è la vita.
La tua vita.
Ciò che offro come professionista, oltre ai trattamenti al corpo che spesso si trova a voler ricevere attenzioni e relax, ti accompagno in un percorso per ritrovarti in mezzo alla corsa,
a ricordarti che hai sempre delle scelte per poter rientrare in connessione con te stessə, con il tuo corpo e con la tua energia.
Perché non serve aspettare che sia tutto perfetto.
Basta scegliere di iniziare.
Anche da una semplice seduta dove il corpo parla e si rilassa,
dove l’energia si riequilibra,
dove tu puoi tornare al centro di te.
“Chi e che cosa posso essere oggi per contribuire a creare una realtà autentica per me?”
(Access)
🌄
Che sia alba o che sia tramonto… che momento scegli per ascoltarti?
Nessun cambiamento è possibile finché non sei consapevole di ciò che vuoi trasformare. Tutto parte da ciò che senti nel corpo, non da quello che vedi con la mente.
Un’esperienza, un viaggio, un profumo… tutto ciò che vivi, ti dà una direzione sempre più chiara, di andare verso ciò che per te è leggero.
Come capirlo?
Ti racconto una storia…
Poche settimane fa mi è arrivata la proposta di partecipare a una settimana in barca a vela.
Percepisco già i vostri pensieri:”Wow che figo! Magari potessi io!”
Sarò onesta.. (come sempre d’altronde :P) Anch’io ho sentito subito nel corpo un gran entusiasmo ma, dietro a questo, percepivo qualcosa che strideva.
Ho impiegato un po’ a capirlo, poi mi sono ricordata: l’anno scorso avevo partecipato a un’escursione giornaliera via mare nel Parco Naturale di Ras Mohamed.
L’esperienza in sé è stata bellissima e appagante, ma la nausea che ho avuto fino al giorno dopo è stata parecchio scomoda.
È lì che ho capito!
Il mio corpo era entusiasta di vivere per la prima volta un’esperienza in barca a vela, ma non per una settimana intera. Due giorni sarebbero stati sufficienti.
Capite cosa voglio trasmettervi?
L’esperienza è tutto.
La bussola che ti orienta verso ciò che vuoi – e che è leggero per te – si affina solo scegliendo.
Scegliendo consapevolmente di fare un’esperienza piuttosto che un’altra.
Siate folli, non mediocri!
Decidete voi per la vostra vita!
Non aspettate che siano gli altri a spingervi dove loro vogliono che andiate!
Liberatevi dalle strutture interne che vi tengono prigionieri e cominciate a costruire le vostre!
Ed ora chiedetevi:
• Qual è la verità che il mio corpo mi sta mostrando, che finora ho fatto finta di non sentire?
• Quanto sto cercando di adattarmi a ciò che sembra giusto, invece di scegliere ciò che è vero per me?
Non devi aspettare che sia tutto perfetto. Ti basta un primo passo.
E quel passo… il corpo lo sa già.
Ed è compiendo quel primo movimento verso un qualcosa, che inizi a creare la tua vita.
Vi siete mai chiesti cosa c’è realmente dietro alla sensazione di impotenza?
Quante emozioni si celano dietro?
E sopratutto … cosa ci insegnano?
Ora vi racconto una storia.
C’era una volta una giovane ragazza.
Piena di vita, innamorata di tutto, intraprendente.
Ogni cosa che decideva di fare le veniva con pizzi e merletti da tanto bene che creava nella vita! Aveva sempre tutto sotto controllo.
Un giorno, lei ed il suo caro e tanto amato fidanzato, decidono di convogliare a nozze.
Cominciano i preparativi, sposi e genitori in fermento, prove vestito, scelta ristoranti ecc
Tutto era splendido.
I futuri sposi riuscivano a godersi ogni attimo senza demandare a nessuno alcunché.
Tutto filava liscio, se non che, 2 – 3 mesi prima del fatidico sì, alla sposa, cominciamo ad arrivarle tutta una serie di “segnali” che le stavano letteralmente dicendo “ferma! Non sposarti ora!”
La ragazza all’inizio non aveva chiarezza in questo. Poco più che ventenne, andava avanti con la grinta di sempre, senza curarsi delle cose che leggeva o sentiva attorno a lei: titoli di giornale “aumentata la percentuale di divorzi!”, gente che parlava per strada e diceva “sai, Tizio mi ha proposto di sposarlo ma io non sono sicura di accettare” o ancora la banca che ritardava a completare la richiesta di mutuo. Insomma, tutto attorno a lei, cominciava a urlare sempre più forte.
Una mattina, si reca come sempre al lavoro, il responsabile la chiama in ufficio e le comunica che per ristrutturazione aziendale devono diminuire il personale e, una delle persone alle quali ha chiesto di dimettersi .. indovinate un po’? Era lei … il tutto, mentre la banca ancora non aveva dato l’ok per il mutuo e le nozze si avvicinavano sempre di più.
Disperata, con addosso una sensazione di grandissima impotenza e con questa forte pressione dettata dagli eventi, non demorde e continua imperterrita verso il suo obiettivo: il matrimonio.
A 5 settimane dalle nozze, si trova un altro nonché bellissimo lavoro … è super entusiasta tanto da ringraziare il licenziamento precedente. Comincia immediatamente e, il venerdì della prima settimana, tornando a casa in scooter, un’auto le taglia la strada.
La ragazza, a 4 settimane dalle nozze, cade rovinosamente a terra, si rompe un dito della mano (no, non era l’anulare se lo volete sapere 😂😂 era il medio), perde conoscenza a causa di un trauma cranico con annesse contusioni in tutto il corpo.
Viene soccorsa, portata in ospedale, ricoverata in osservazione, le mettono il gesso e .. indovinate un po’?
Ci prova a parlare con il fidanzato per posticipare il matrimonio, ma ormai è troppo tardi per annullare tutto .. “come facciamo con tutti gli invitati! Il ristorante! E tutto il resto!” – risponde lui …
Lei è li, dolorante, in un letto di ospedale .. lo guarda con un misto di sconforto, amore, gioia, dolore ed impotenza verso la somma degli eventi che uno dopo l’altro, l’avevano “investita”.
Finite le visite, rimanendo sola nella sua camera d’ospedale, comincia a percepire un senso di leggerezza, di corpo che “finalmente sciolto”, la testa senza pensieri (e no carə lettore/lettrice … non erano gli antidolorifici)
È emerso dentro di lei il “ok, così sia”
E dopo una lunga dormita ristoratrice, il giorno dopo, alla visita di controllo, guarda il medico e gli dice: “Ok, io tra meno di 1 mese devo arrivare all’altare come se l’incidente non fosse avvenuto! .. il medico la guarda, sorride e le risponde “sarai una sposa meravigliosa e .. possibilmente senza gesso :P”
E poi?
Alla fine .. beh .. alla fine una mattina di 4 settimane più tardi, una meravigliosa ragazza, indossó il suo meraviglioso abito da sposa, scese le scale di casa, attraversó il cortile, per salire su una meravigliosa carrozza, guidata da un cocchiere con un vestito color crema e la cravatta rosa antico e si diresse verso la Chiesa.
Li, ad attenderla, c’era il suo sposo, circondato da una fiumara di gente .. lui le consegnó un meraviglioso bouquet di fiori, la bació dolcemente sulla guancia e varcarono assieme la navata, seguiti da tutti gli invitati.
Quindi? … cos’è davvero l’impotenza?
Im-potenza deriva dal latino: “im = non” “potentia = potes = potere) quindi … assenza di potere.
Spesso la scambiamo per debolezza. La viviamo come fallimento. Ma se la guardassimo da un’altra angolazione, potremmo scoprire che è un invito.
Un invito a fermarci, ad ascoltare, a mollare la presa sul controllo.
L’impotenza non è assenza di potere, è solo l’esperienza di un potere che vuole emergere in modo nuovo, diverso da quello che ci aspettavamo.
Dietro ogni sensazione di impotenza si cela un universo di emozioni represse: frustrazione, paura, vergogna, senso di colpa, senso del dovere.
È come stare in una scatola. Una scatola costruita nel tempo, fatta di aspettative, giudizi e ruoli da rispettare. Ci muoviamo al suo interno cercando l’aria, ma non ci accorgiamo che siamo noi a tenerla chiusa.
Eppure… se lasciassimo andare?
Se ci concedessimo il permesso di non dover capire tutto, di non dover risolvere tutto subito, di non dover “salvare le apparenze”?
In quello spazio nasce la magia.
La resa.
La vera potenza.
Mollare gli ormeggi talvolta è l’unico modo per tornare a casa.
In TE.
In quel luogo interiore dove ogni cosa trova il suo posto, anche le emozioni più scomode.
In quello stato che chiamiamo allowance – quando non resisti più, quando lasci essere ciò che è.
E allora sì: l’impotenza si trasforma.
Diventa una soglia.
Un passaggio.
Un portale verso qualcosa di più grande: te stessə, finalmente liberə di espanderti.
Così citava Shakespeare nel lontano Seicento, nella sua opera forse più celebre, Amleto.
Una domanda esistenziale, cruda, universale.
Una domanda che mi è esplosa dentro come un piccolo Big Bang, una mattina, guardandomi allo specchio e non sapendo se stavo cercando il mio riflesso… o il giudizio altrui.
Ma oggi, in un mondo fatto di stories, filtri e aspettative…
la vera domanda forse è:
essere, non essere o apparire?
Attenzione: non che prima non esistesse la realtà dell’apparenza.Anche in passato il mondo era pieno di maschere.
Il “vestito bello della domenica” per andare in chiesa, per poi bestemmiare appena passato l’angolo.
Ma oggi è diverso.
Viviamo in un tempo in cui ti fanno credere che mostrarsi sia più importante che essere.
In cui ci si perde facilmente tra ciò che si sente, ciò che si dovrebbe sentire… e ciò che secondo gli altri si deve mostrare all’esterno.
Questa non è libertà.
È una prigione invisibile, travestita da approvazione.
Una gabbia elegante costruita col bisogno di riconoscimento, di conferme esterne.
Ciò che siamo finisce in fondo alla classifica.
Schiacciato sotto il bisogno di apparire, di essere visti, riconosciuti, etichettati come “abbastanza”.
Il “non essere” è spesso una scelta inconsapevole. Ci si adatta per paura di essere rifiutati. Per non perdere qualcuno. Per sentirsi accettati.
È la rinuncia a te stesso per diventare quello che serve, quello che gli altri vogliono.
Ma vivere senza brillare, in una costante insoddisfazione, con una frustrazione che si insinua ovunque…si chiama sopravvivere.
Soccombere agli eventi.
E l’apparire?
Più ti identifichi con l’immagine, più ti allontani da chi sei.
Ti perdi.
Chi sei senza quell’apparenza?
Qual è la tua vera essenza?
Essere è un atto rivoluzionario. È scegliere te stessə anche quando il mondo vorrebbe che fossi altro. Ed è qui che risiede la vera potenza.
Perché l’essere autentico emana vibrazioni di gioia e crescita,chiama energia, felicità, gloria.
Essere è potere autentico.
Apparire invece emana insicurezza, vuoto, stallo, timore, dipendenza.
Ora chiediti:
“Chi sono io quando nessuno mi guarda?”
“Chi sarei senza la voce di mia madre, del mio ex, del mio capo, degli altri… nella mia testa?”
✨ Sii te stesso. E crea la tua realtà partendo da qui, dove comincia la tua libertà.
E quando l’amore per se stessi fiorisce, tutto torna.
Sembra una frase fatta, uno di quei pensieri positivi che ti fanno alzare gli occhi al cielo e dire: “Sì, certo! Come no! Nemmeno nelle favole…”
E invece è proprio così.
Se pianti il seme dell’amore dentro di te e continui a prendertene cura, con pazienza e gentilezza, un giorno ti sorprenderai a guardarti allo specchio con occhi nuovi. Ti accorgerai che stai iniziando ad amare quel riflesso, a sorridere sinceramente alla tua immagine.
La vita non è lineare, lo sappiamo bene.
Anche quando cerchi in tutti i modi di mantenere tutto uguale, arriva il cambiamento.
E quel cambiamento spesso fa paura.
Fa paura perché non sai cosa troverai dall’altra parte.
Ma puoi restare dove sei, se vuoi. Nessuno te lo vieta.
La cosa importante è che sia una scelta consapevole, fatta da un luogo autentico, dal tuo nucleo più profondo.
Però, se sollevi appena lo sguardo e ti chiedi:
“Cos’altro è possibile che non ho mai considerato?”
Scoprirai che le strade non sono mai solo due e che le opzioni non sono mai finite.
La vita ti offre sempre nuove possibilità, nuovi inizi.
E in questo spazio di apertura, l’amore può riemergere.
Non parlo solo dell’amore per un compagno, per i figli o per le persone care.
Non dell’amore romantico o di quello che si cerca fuori, nei gesti degli altri, nei successi o negli oggetti.
Parlo dell’amore più radicale e trascurato: l’amore per se stessi.
Quello che ti fa dire “mi rispetto”.
Quello che ti fa scegliere di non ignorarti più.
Che ti riporta a casa, dentro il tuo corpo, dentro la tua verità.
Come scriveva Oscar Wilde:
“Amare sé stessi è l’inizio di un romanzo che dura tutta la vita.”
E come ci ricorda anche Thich Nhat Hanh:
“Tu stesso, tanto quanto chiunque altro nell’intero universo, meriti il tuo amore e il tuo affetto.”
Allora ti chiedo:
Quanto amore per te stesso hai rifiutato finora nel tentativo di riceverlo dagli altri?
E se non ci fosse nulla di sbagliato in te, cosa scegli oggi di riconoscere di te?
Perché quando impari a volerti bene davvero, a rispettarti nel profondo, ogni relazione cambia.
La tua visione del mondo si espande.
E l’amore – quello vero – inizia lì, da te.
Scegli di trasformarti in ciò che sei. Ora
Ti aspetto in studio o online per cominciare assieme questo fantastico viaggio.
Aspetti a cambiare lavoro, aspetti a cambiare amicizie, aspetti nel prendere una decisione per paura di deludere qualcuno o di trovarti dinnanzi a spazi inesplorati …
… hai mai provato a scegliere ed agire per te stessə?
Hai mai sentito quella scarica di libertà nel dire “adesso scelgo per me, anche se non piacerà a nessuno, anche se tremeranno le gambe”?
È roba da stomaci forti, da corpi centrati, da chi ha voglia di sperimentare cosa vuol dire davvero prendere in mano le redini della propria vita.
E no, non servono eventi straordinari per farlo.
Non serve mollare tutto e partire per l’Asia (a meno che tu non lo voglia davvero).
Si può iniziare dalle piccole cose.
Tipo:
→ oggi cosa cucino in base a ciò che piace a me, e non solo per accontentare tutti?
→ oggi rispondo “no” a quella richiesta che non mi va, anche se so che l’altra persona si aspetta un “sì”
→ oggi vado a dormire presto perché il mio corpo lo chiede, anche se “ci sarebbe da fare”
→ oggi farò quella chiamata anche se la sento scomoda.
Mi spiego meglio…
Ogni volta che scegliamo aspettando l’approvazione di qualcun altro, stiamo cedendo un pezzetto di potere.
Ogni volta che non scegliamo affatto, ma lasciamo che siano gli altri o le circostanze a decidere per noi, ci allontaniamo da noi stessi.
E quando questo succede troppe volte e troppo a lungo… si crea quel senso di insoddisfazione sotterranea, quel malessere silenzioso che non ha un nome preciso, ma che si sente tutto. È come quando perdi l’orientamento .. e poi perché far scegliere gli altri? Spesso lo si fa per una mancanza di autostima e fiducia in se stessi “se decido io poi non mi vogliono più o mi giudicano” o ancora “ok deciso io .. ma se poi sbaglio?”
Ti è familiare?
E se oggi scegliessi anche solo una cosa… solo una… che sia vera per te, anche se ti tremano le mani?
Che energia, spazio, consapevolezza e scelta puoi essere per riconoscere ciò che vuoi davvero, senza più giudicarlo e giudicarti?
Quante bugie ti stai raccontando per non scegliere oltre il giudizio?
Non c’è bisogno di sapere già tutto.
Non c’è bisogno di avere il piano perfetto.
C’è solo bisogno di presenza in sé stessi, di onestà, coerenza e forse di un pizzico di coraggio.
Perché quando inizi ad agire da quello spazio lì, accade qualcosa di incredibile:
la tua vita inizia a risponderti. E lo senti nel corpo, lo vedi con gli occhi e lo percepisci con il tuo sentire.
Comincia da te e scegli partendo da chi sei, non da chi gli altri vogliono che tu sia.
Quello spazio che, più lo ascolti, più sembra bramare di essere colmato.
Come si fa a smettere di volerlo riempire?
Come si fa a smettere di sentire quella sensazione costante di mancanza?
Quel desiderio incessante di riavere una presenza, un’energia…
Come si fa a smettere di sognare il mare con lei – lei che era così piena di vita?
È iniziata così, qualche giorno fa, una consulenza con un giovane uomo sulla trentina.
Circa sei mesi fa ha deciso di chiudere una storia d’amore per lui molto significativa, ma altrettanto “stretta”.
Racconta di lei come se fosse ancora presente, al suo fianco. “..sai, ogni tanto la incontro ancora .. per strada, al supermercato … non credevo fosse possibile lasciare una persona così piena di meraviglia, per la paura di ricevere troppa luce”
Le sue parole erano un misto di nostalgia, senso di colpa, e confusione.
Non c’era solo l’assenza dell’altra persona, ma anche il vuoto che quella relazione aveva mascherato.
E adesso quel vuoto chiedeva attenzione.
Non più come una ferita da medicare… ma come una porta che si apre verso sé stessi.
E se fosse spazio e non una mancanza?
Quando sentiamo il vuoto, siamo tentati di riempirlo subito per non sentirlo: con nuovi legami, vecchie abitudini, pensieri ricorrenti. Ma cosa succederebbe se, per una volta, lo guardassimo diversamente?
💭 Cosa posso ricevere da questa mancanza, che non ho mai considerato prima?
💭 Quale consapevolezza si sta facendo spazio in me?
Il corpo sente, ricorda e spesso cerca ancora quel contatto, quella voce, quello sguardo, quell’odore.
Può essere d’aiuto prendersi un momento, ogni giorno, per respirare dentro a quel vuoto, ascoltarlo senza cercare di cambiarlo né giudicarlo, chiedendosi semplicemente:
“Cos’altro è possibile qui, che non ho ancora scelto né considerato?”
“Cosa posso essere per me, che credevo solo l’altro potesse darmi?”
Può bastare questo per iniziare a cambiare prospettiva.
Non per fuggire dalla malinconia, ma per accoglierla come un’eco, non come una condanna.
Quante volte confondiamo la mancanza dell’altro con la mancanza di una parte di noi?
Quante volte il vuoto che sentiamo è in realtà un invito ad abitare spazi interiori che prima avevamo affidato a qualcun altro?
Non sempre il vuoto chiede di essere colmato.
A volte chiede solo di essere ascoltato, perché, proprio lì, in quello spazio sospeso, potremmo ritrovare la nostra vera voce.
E se quel mare che continuiamo a sognare… non fosse altro che il riflesso del nostro desiderio di ritornare a casa, dentro di noi?
Se senti di voler parlare del tuo vuoto, ti aspetto in studio o online, per accompagnarti con strumenti di ascolto profondo e trattamenti pensati per riportarti al centro di TE